Le indagini del commissario Francesco Campani: intervista a Luca Ongaro

Cos’è un romanzo ucronico?

Provate ad immaginare cosa sarebbe accaduto se, in quel lontano 1° marzo del 1896, le truppe guidate dal generale Oreste Baratieri non fossero state sconfitte dall’esercito abissino di Menelik, se il disastro militare della battaglia di Adua non fosse mai avvenuto… Probabilmente, una sessantina d’anni più tardi, avreste potuto vivere o quanto meno visitare una fiorente colonia italiana in Eritrea.

Ma se è vero che con i “se” e con i “ma” non è possibile riscrivere la Storia, quella vera, la finzione letteraria consente questo e molto altro ed è proprio sulla base di una simile immaginaria ricostruzione storica che hanno preso vita le vicende del commissario Francesco Campani, protagonista dei romanzi di Luca Ongaro.

Di tale escamotage letterario abbiamo parlato direttamente con l’autore, cercando di scoprire qualcosa di più della genesi dei suoi libri Un’altra Storia e L’enigma di Macallè editi dalla SEM rispettivamente nel 2022 e nel 2023.

Citando il titolo del tuo primo romanzo, com’è nata l’idea di scrivere “un’altra Storia” nel vero e proprio senso della parola?

Tutto ha preso avvio dalla mia esperienza professionale. Per quasi quarant’anni ho lavorato nella cooperazione allo sviluppo presso l’Istituto Agronomico per l’Oltremare di Firenze. Quando nel ‘94 sono stato per la prima volta in missione ad Asmara, ho subìto un vero shock culturale perché, nonostante avessi già una buona esperienza di Africa, non mi aspettavo di ritrovarmi in una città italiana in tutti i sensi, nell’architettura, nel modo di vivere, di vestire, persino nelle abitudini alimentari, una realtà assolutamente inaspettata!

Quell’esperienza mi ha dato lo stimolo per cominciare a studiare l’epoca del colonialismo italiano, soprattutto attraverso i testi di Angelo Del Boca e mi sono particolarmente appassionato alla battaglia di Adua che, potremmo dire, è stata veramente un lancio di dadi. Visitando quei luoghi, in cui c’è ancora un ricordo degli italiani molto vivo e tutto sommato positivo, ho iniziato a chiedermi come sarebbero andate le cose se quella battaglia l’avessimo vinta o quantomeno pareggiata.

La scintilla della scrittura però ha una data precisa. Nell’aprile del 2008 mi trovavo per lavoro a Macallè e un collega etiope mi portò a visitare una specie di canyon nelle cui spaccature si nasconde una vera necropoli, scheletri, ossa, resti di indumenti. “Qui sono conservate le ossa dei nostri Santi” mi disse “venuti da Roma a portare il Cristianesimo”. Mi sembrò un luogo interessantissimo e mi venne da pensare che, se qualcuno avesse nascosto lì un cadavere, nessuno l’avrebbe più ritrovato. Aggiungi a questo il fatto che sono un lettore compulsivo di gialli ed ecco nato l’antefatto del primo romanzo, poi rimasto in incubazione per otto anni fino al 2016, quando finalmente mi sono deciso a scrivere questa storia che avevo dentro da tantissimo tempo.

Così le vicende dei tuoi romanzi sono andate ad innestarsi su una sorta di Sliding Doors…

Sì, ne sono venuti fuori dei gialli ucronici, immaginando che nel 1896 gli italiani fossero arrivati più a sud, dando vita ad una colonia prosperosa, grande più o meno come l’Italia, etnicamente omogenea, popolata dai tigrini. Ho ipotizzato che, senza quello schiaffo terribile sul piano internazionale della sconfitta di Adua, il governo Crispi non sarebbe caduto e, con un po’ di fantasia, ho supposto che a quel punto l’Italia non avrebbe avuto interesse ad entrare in guerra nel ‘15-‘18, rinunciando alla sua neutralità in cambio del Trentino e dell’Istria; a seguire non ci sarebbe stato l’avvento del Fascismo. A quel punto ritrovarsi nel ‘56 con la prima avventura del Commissario Campani in questa immaginaria colonia eritrea è stato un attimo!

Optare per una riscrittura storico-politica a tratti anche ironica, di fatto si apriva a più possibilità e immagino sia stato molto divertente “giocare con la Storia”; al tempo stesso non penso sia stata un’operazione banale perché in tutti i casi il risultato doveva essere plausibile.

In effetti è stato divertente perché questa scelta mi ha lasciato le mani libere ma, come dicevi, una credibilità dovevo garantirla; alla fine però non è stato neanche molto difficile. In fondo, mi sono immaginato che, in assenza dell’avvento della destra negli anni ‘20, al governo ci fossero Matteotti e i socialisti; certo un personaggio di peso come Mussolini non potevo farlo sparire e nel primo libro mi serviva un ministro delle colonie…

D’altra parte i miei libri si giocano su tre assi: uno geografico, assolutamente fedele all’originale, uno storico, completamente inventato, poi quello dell’ambientazione sociale: come poteva vivere la gente in una colonia del ‘56, quali potevano essere i regolamenti, l’organizzazione?

E devo dire che in realtà questa parte non è del tutto inventata perché comunque, dopo la Seconda guerra mondiale, in Eritrea, e soprattutto ad Asmara, hanno continuato a vivere decine di migliaia di italiani con le loro attività, le imprese commerciali, scuole, chiese, gruppi sportivi, così negli anni non mi è mancata la possibilità di raccogliere molte testimonianze di chi viveva là in quel periodo.

Un aspetto che rende molto gradevole la lettura dei due romanzi è l’ironia che li pervade e che si può ritrovare a più livelli: nel senso dell’umorismo del commissario Campani ma anche nel tratteggio di altri personaggi, comici loro malgrado, nonché nella riscrittura storica, come accennavo in precedenza. Questa vena di leggerezza attiene specificamente al tuo approccio alla scrittura o è qualcosa che ti appartiene nella quotidianità, nel tuo modo di essere?

Sicuramente è un aspetto che mi appartiene e che si riflette in quello che scrivo, non potrei astrarmi da quello che sono. Dal canto mio, come lettore, io stesso prediligo letture permeate da una certa dose d’ironia.

Un’altra storia e L’enigma di Macallè sono libri che possono tranquillamente essere letti separatamente, anche se nel primo romanzo c’è un maggior indugio sulla storia personale di Campani e degli altri coprotagonisti. Se è vero che nei tuoi romanzi hai lavorato molto di fantasia, per quanto riguarda l’accuratezza dei personaggi, le loro caratteristiche, le abitudini, persino le loro fissazioni, sembra invece tu abbia attinto a piene mani dalla realtà. È un’impressione corretta?

Sì è vero, mentre scrivevo avevo in mente persone ben precise. Sicuramente per Campani, che non viene descritto nel suo aspetto fisico, ho utilizzato alcuni elementi autobiografici: il pranzo alle una in punto, la passione per la Fiorentina… Oltre al commissario, tanti altri personaggi sono stati delineati traendo ispirazione dalla realtà.

A proposito della Fiorentina: la scelta del ‘56 come anno in cui ambientare il primo romanzo immagino non sia stata casuale, visto che fu l’anno del primo scudetto per la squadra gigliata.

Ho scelto il ‘56, l’annata buona per la Fiorentina, come una sorta di amuleto. Peraltro, ci tengo a precisare che le partite di cui si parla durante il romanzo sono effettivamente quelle giocate quell’anno: le vicende del commissario Campani sono tutte ben ancorate al calendario calcistico, risultati inclusi.

Un’osservazione un po’ cattivella: già che c’eri avresti potuto riscrivere anche i trionfi della tua squadra del cuore, addolcendo un po’ la pillola!

No, Campani doveva soffrire come soffro io… E poi sulla Fiorentina non si scherza!

C’è già un seguito nel cassetto?

In realtà la terza indagine è già pronta dal 2018! Devi sapere che, quando nel 2016 ho scritto il primo libro, la mia idea era solo quella di stamparlo per farne un regalo di Natale per parenti e amici. Poi i riscontri ricevuti mi hanno spinto a continuare a scrivere e, sostenuto e incoraggiato, il tutto ha finito per prendere un’altra piega. All’inizio avevo trovato una piccola casa editrice di Civitavecchia, poi i miei romanzi sono stati letti personalmente da Riccardo Cavallero e Teresa Martini della SEM: il loro apprezzamento mi ha portato a firmare un contratto per i cinque libri che nel frattempo avevo scritto, ed è così che mi sono trovato proiettato in un mondo in cui mai avrei pensato di entrare.

Quando la SEM è stata acquisita dalla Feltrinelli è saltata un po’ la programmazione del 2023, per cui il secondo romanzo, inizialmente previsto per marzo, è uscito sei mesi più tardi, cioè a inizio settembre.

In questo momento non sono ancora in grado di dire se e quando verrà pubblicato il terzo romanzo: penso che dipenderà molto dal riscontro dei primi due, per cui non resta che incrociare le dita!