The Royal Band – Queen Tribute: a tu per tu con Luca Spadaro.

Dall’ascolto di alcuni brani dei Queen, da loro riproposti in versione duo acustico, in occasione della presentazione del libro di Roberto De Ponti L’ultimo Freddie Mercury alla curiosità di saperne di più sul loro percorso e la loro attività, il passo è stato breve.

Nonostante l’estemporaneità della nostra richiesta alla fine della presentazione, tra complimenti e strette di mano e nel caos di persone stipate nella sala, (complice il temporale che quel sabato pomeriggio si è abbattuto su Firenze, obbligando l’organizzazione dell’evento “La Città dei lettori” a spostare “musica e parole” dal meraviglioso giardino di Villa Bardini, ad una delle sale interne) eccoci, qualche settimana più tardi, a parlare con Luca Spadaro, voce solista del gruppo insieme a Luca Fusco, il suo “socio”, come lo chiama lui.

Ciao Luca, e ancora complimenti per la performance che ci avete regalato a Firenze, anche se in condizioni logistiche non ottimali. Da allora ci siamo incuriositi, cominciando a seguirvi sui social. Abbiamo visto che la band (Luca Spadaro e Luca Fusco voci soliste, Michele Palomba chitarra, Ivan Appella, tastiere e cori, Giorgio Masino basso, Claudio Lucato batteria) ha già alle spalle vent’anni di attività. La formazione è sempre stata quella attuale o è cambiata nel tempo?

In realtà della formazione originale è rimasto solo il chitarrista.

Alla fine del liceo io e Giorgio Masino, amici e compagni di scuola, avevamo formato il nostro gruppo che era a sua volta un tributo ai Queen, nostra passione giovanile per eccellenza, e in una certa misura eravamo una sorta di competitor rispetto alla Royal Band.

Dopo qualche anno il nostro gruppo si sciolse e, intorno al 2011-12 anche la Royal Band (di cui Giorgio nel frattempo era diventato il bassista) era lì lì per compiere lo stesso passo: dopo anni di attività, stavano perdendo un po’ di spinta, maturando la percezione che, in qualche modo, il loro “tetto” fosse ormai stato raggiunto.

Fu allora che, in corrispondenza di un paio di eventi qui nel Torinese, per i vent’anni dalla morte di Freddie Mercury, venne loro l’idea di differenziarsi un po’ rispetto al passato, in cui si erano fatti interpreti di un tributo per così dire “più canonico”. Perché non rivoluzionare tutto, ispirandosi al Freddie Mercury Tribute Concert del 1992?

Selezionarono quindi alcuni cantanti della nostra zona e chiamarono anche me. Inizialmente rifiutai, poi fui invitato da Giorgio ad andare ad almeno una prova, sentii cantare Luca Fusco e pensai: “Mi avete incastrato proprio bene, ok partiamo”.

Nell’arco del tempo la sezione canora si è ridotta e siamo rimasti io e Luca, ma abbiamo pensato che comunque il nostro duo potesse funzionare per mille motivi: timbri di voce diversi, personaggi sul palco molto dissonanti ma per certi versi complementari…

Da allora le cose sono decollate soprattutto negli ultimi 4-5 anni, anche grazie all’onda mediatica destata dal film Bohemian Rhapsody e dalla ripartenza in tournée degli stessi Queen con Adam Lambert.

Devo dire che siamo andati molto oltre le nostre stesse previsioni, sempre con il limite dettato dall’essere fisiologicamente una tribute band, ma con la soddisfazione, alla fine di ogni concerto, che sia piaciuto o meno, di poter dire di aver fatto le cose a modo nostro.

Qual è la vostra formazione?

Io e Giorgio abbiamo studiato nello stesso centro di formazione musicale, l’Accademia Civica di Torino, il tastierista nonché backing vocal della band, esce dal Conservatorio. Gli altri sono essenzialmente autodidatti, e Luca Fusco è comunque “figlio d’arte”, dal momento che suo padre è un bassista piuttosto noto nel Torinese e suona in orchestre da decine d’anni.

I vostri gusti musicali?

Come accennavo all’inizio, da adolescente i Queen erano la passione oltre ogni limite per me come per il bassista e il chitarrista, quest’ultimo autodidatta meraviglioso, irraggiungibile nel repertorio dei Queen e dei Pooh! In generale poi tutti gli altri membri del gruppo hanno una formazione e una conoscenza estremamente ampie.

Ovviamente nel tempo tutto cambia, anche le passioni musicali. Personalmente, provando ad individuare alcuni punti fermi non posso non citare Steve wonder e la musica black in generale: Marvin Gaye, Ray Charles, e poi molto altro: Weekend, Dua Lipa, Greta Van Fleet… Altra passione di cui probabilmente ho anche “overdosato” sono i Pink Floyd e, tornando agli ascolti giovanili ma che ancora mi piacciono molto, i Dream Theater, la mia unica vera escursione nel metal.

Portate avanti, come gruppo o singolarmente, anche un percorso parallelo o siete totalmente assorbiti dall’esperienza come tribute band?

Stiamo realizzando tutti insieme e con personaggi comunque legati al mondo Queen, sia pure con diversi gradi di separazione, alcuni pezzi inediti. Tutti poi facciamo altre cose, sempre però in termini di covers. Luca Fusco è, tra noi, quello con una storia più lunga di inediti, avendo alle spalle già 3 dischi suoi, scritti e realizzati da lui e anche prevalentemente suonati da lui, con la partecipazione di qualche altro musicista del giro. Luca, lo posso dire, è il più artista di tutti noi!

Come si diventa una tribute band ufficiale? Serve una sorta di imprimatur?

Sicuramente ci vuole un riconoscimento. Noi siamo stati tre volte a Montreux di cui due come headliner della manifestazione, questa è stata per noi una sorta di “bolla papale”, certamente di tipo più pratico, da parte dell’ente organizzatore dei Freddie Celebration Days a Montreux, ente riconosciuto dall’entourage dei Queen e legato al Mercury Phoenix Trust, l’organizzazione che raccoglie i fondi per la lotta contro l’aids, in memoria di Freddie Mercury.

Nel luglio scorso ad Alba, nell’ambito del Festival Collisioni, vi siete esibiti con Peter Straker, amico di una vita di Freddie. Com’è avvenuto l’incontro con questo artista?

Si sono verificate alcune dinamiche in occasione di eventi e serate legate anche all’uscita del primo libro sui Queen di Roberto De Ponti Queen Opera Omnia, quindi stiamo parlando di qualche anno fa.

Siamo entrati in contatto con Queen Passion, la community dei fan dei Queen più grande a livello italiano, molto attiva sui socials e che, con la sua forza numerica, ha varie conoscenze nel mondo dei Queen. Per loro tramite, siamo entrati in contatto con Peter Straker e abbiamo registrato una canzone con David Soames, uno degli autori del testo di In My Defence, (ndr: brano solista di Freddie, scritto da Dave Clark, pubblicato nel 1986 ed inserito nella colonna sonora del musical Time dello stesso anno); inoltre abbiamo conosciuto Catherine Porter, cantante e corista in molte tournées di Brian May, anche lei artista e persona squisita, al di là di ogni aspettativa, con la quale abbiamo collaborato e registrato Too much love will kill you con la partecipazione di Gigi Bernardinelli alla tastiera.

In sostanza da Queen Passion è partita l’idea di convincere Peter a rimettere mano ad una sua canzone degli anni ‘80, Late night taxi dancer, per rinfrescarla sul mercato principalmente inglese, ma non solo: ne è nata una versione nuova, Late night taxi dancer (the italian job) con un intervento alla voce mio e di Luca Fusco e la chitarra di Michele riarrangiata.

Successivamente Peter, che è una persona fantastica, ci ha fatto l’onore di interpretarla dal vivo insieme a noi, unitamente ad altri suoi pezzi e a brani dei Queen, sia l’anno scorso a Montreux sia quest’anno ad Alba, durante l’evento Collisioni in cui si è tenuta la prima edizione del festival in onore di Freddie Mercury, primo del genere in Italia, cui hanno partecipato anche altre tribute bands, una irlandese e l’altra italiana, i Killer Queen, che poi è quella di più lunga data.

Nel panorama delle cover bands dei Queen voi rappresentate una particolarità, presentandovi con due voci soliste.

Per quanto di mia conoscenza sì, almeno tra le cover bands ufficiali. In reltà, ad essere precisi, siamo tre perché il tastierista di fatto è un altro cantante, anche se si dedica prevalentemente ai cori, il che non ci rende necessario metterli in base, potendo eseguirli dal vivo.

L’effetto che il biopic cinematografico ha avuto è andato ben oltre le più rosee aspettative, provocando una riscoperta dei Queen incredibile e per voi saranno moltiplicate le occasioni di esibizione…

Sì, dopo il film c’è stato un altro passo. La pellicola cinematografica è andata a catturare una fascia di età più adulta, che magari ai tempi non era fan dei Queen e che si è fatta affascinare dalla figura di Freddie che forse prima di quel momento conosceva poco.

A mio avviso la fascia dei più giovani è stata presa con la “manovra Adam Lambert”, che arrivava da un Talent show ed era idolo dei ragazzi, almeno in America, e anche nel resto di Europa. Entrambi si sono aggiunti a chi aveva già una conoscenza della band dagli anni ‘70-’80.

Che ne pensi di Adam Lambert quale nuovo frontman dei Queen?

Adam è un fenomeno pazzesco con doti naturali impressionanti, però per quello che ha significato per me Freddie Mercury, come mio eroe di gioventù, sento la mancanza del suo carisma, di quel carattere.

Quali sono stati fin qui, se riesci a individuarne alcuni, i momenti di maggior soddisfazione ma anche di emozione come tribute band?

Sicuramente le esibizioni in Svizzera sono “fuori categoria”, questo è indiscutibile, e ci sono palchi del Torinese, come il Parco delle Tesoriera o Hiroschima Mon Amour, per citarne alcuni, che sono aree fortunate dove abbiamo l’onore e il piacere di esibirci ciclicamente; ma ci sono stati anche concerti in locations improbabili, che sono stati assolutamente emozionanti. Ad esempio l’anno scorso a Rovato, in provincia di Brescia, abbiamo trovato una folla di persone persino immeritata.

Quest’anno ad aprile, in provincia ad Udine, a Castions di Strada, ci siamo esibiti in un’area molto ampia, stracolma di gente, in memoria di Claudio, uno dei fondatori di un’altra community molto importante dei Queen, la Comunità Queeniana Italiana.

Si è trattato della prima edizione di questo memorial e io, che sono un vecchio filibustiere, in questa occasione, come per una Love Of My Life eseguita a Montreux l’anno scorso e interamente cantata dal pubblico, ho pianto. Di solito non mi capita, anzi personalmente trovo molto sopra le righe trasferire emozioni eccessive sul palco: l’esibizione, come la intendo io, è un performance professionale che non dovrebbe lasciare spazio a questo tipo di emozione, ma in queste due occasioni non ho potuto farne a meno.

Tornerete a Montreux, quest’anno?

Ci farebbe piacere andare tutti gli anni ma c’è una rotazione, com’è giusto che sia. Inoltre, certo, poterci essere è un onore, ma troviamo corretto nei confronti dell’organizzazione presentarci con un progetto nuovo, qualora ci si voglia candidare. Noi abbiamo diverse forme di spettacolo; il concerto standard, un format acustico più ridotto, uno spettacolo teatrale originale, scritto da un regista che ha collaborato con noi, ma quest’anno siamo stati impegnati su diversi fronti:

riproporre qualcosa di già visto in un contesto come quello, che va assolutamente rispettato, sarebbe stato riduttivo e pigro da parte nostra.

Se non a Montreux, dove avremo il piacere di ascoltarvi prossimamente?

Limitandoci alle date più vicine, giovedi 31 agosto, in versione duo acustico, io e Luca ci esibiremo al Castello di Barolo in una serata di Story Telling, poi il primo di settembre saremo a Sangano, il 9 al Folk Festival di Collegno, dove quest’anno il tema sarà l’Irlanda ma, con un’interpretazione un po’ estensiva, più volte invitati in passato, noi ci presenteremo come Gran Bretagna! Infine il 17 settembre faremo la prima data al chiuso al Teatro Q77 di Torino; per quell’occasione dobbiamo ancora definire il format; non vi resta che venire a vederci e ad ascoltarci per scoprirlo.