Riccardo Meozzi – Addio bella crudeltà – 2025

23 Agosto 1991. Giovanni e Lidia sono in auto, freschi di luna di miele. Diciannove anni lei, ventidue lui, una passione giovanile che sta bruciando in fretta, troppo in fretta.
Il loro matrimonio, subito dopo la maturità, ha il sapore di una fuga, di ricerca di spazio, di definizione d’identità.
Da una parte Lidia, il suo bisogno di sentirsi amata, ma soprattutto di essere vista, di esistere attraverso lo sguardo del suo compagno, dall’altra Giovanni, “l’uomo che taglia con la lingua”, che ha bisogno di quella ragazza vulnerabile che “gli fa passare il mal di testa”, di lei così dipendente dalle sue parole, dolci, crudeli, mutevoli come i suoi cambiamenti di umore.
Corrono in macchina Giovanni e Lidia, ascoltando gli U2, ancora non sanno che quella data sul cruscotto segnerà lo spartiacque della loro relazione. Quel pomeriggio di agosto tutto inizia e tutto finisce.
Attraverso un’insolita regia narrativa, progressivamente l’inquadratura si allarga in direzioni temporalmente opposte: a ritroso, in un passato che ci svela poco alla volta, le motivazioni di quella relazione acerba, sbilanciata, fondata più sulla dipendenza emotiva che su un vero sentimento d’amore; in avanti verso un’inversione di ruoli e ridefinizione dei rapporti, quando la malattia farà ingresso nelle loro vite. Quello che Lidia e Giovanni sono stati fino a quel momento, adesso non esiste più, entrambi devono imparare ad amare una persona diversa da quella che hanno scelto e resistere al suo fianco.
Con una prosa asciutta, che non cede mai al sentimentalismo né alla banalità, capace di scandagliare in profondità la complessità emotiva di una passione giovanile destinata, fin dalle sue premesse, a naufragare, Riccardo Meozzi affronta con maestria il tema universale della fragilità dei legami di fronte ai cambiamenti e agli urti della vita.
Una fragilità che, seppur preda della crudeltà del tempo che inesorabilmente e dolorosamente trasforma persone e relazioni, e forse grazie anche a quella crudeltà, è in grado di tramutarsi in una ripartenza, in una consapevolezza di sé che non sia più mero riflesso di noi stessi negli occhi dell’altro.