David Benioff – La città dei ladri (2008)

Leningrado, inverno 1941. L’assedio tedesco sta minando la resistenza della città, devastata dai bombardamenti e stremata dalla fame. La razione di cibo garantita dalle tessere annonarie è insufficiente e la disperazione spinge alcuni all’abbandono di qualsiasi remora morale, pur di sopravvivere.

Lev e Kolja, diciassette e vent’anni, attendono che si compia il loro destino in una buia cella delle Croci, la prigione cittadina: il primo arrestato per furto, per aver sottratto un coltello al cadavere di un paracadutista tedesco, il secondo accusato di diserzione, in entrambi i casi li aspetta la fucilazione.

Ma il futuro ha in serbo per loro un altro destino, la grazia in cambio di una missione speciale ai limiti dell’impossibile: una settimana di tempo per procurare al colonnello Grechko una dozzina di uova per la torta nuziale della figlia.

Inizia così tra mille peripezie, l’avventura dei due ragazzi, perfetti sconosciuti fino a qualche ora prima e oltretutto così diversi per temperamento e persino per aspetto: capelli scuri, naso grosso, fisico gracile Lev, alto, aitante, capelli biondi e occhi azzurri Kolja, l’uno timido e timoroso, l’altro spavaldo e sicuro di sé.

Il racconto in prima persona che Benioff affida al personaggio di Lev, ci conduce in un viaggio tra gli orrori della guerra, attraverso gli occhi di due giovani che, tra ingenuità ed incoscienza, resistono alla fame, al freddo alla stanchezza e al fuoco nemico, guidati dallo spirito di sopravvivenza che li spinge a compiere un passo dopo l’altro anche quando sembra impossibile poterlo fare.