Il giro del mondo in 80 pezzi – Nella Terra del ghiaccio e del fuoco: viaggio in Islanda sognando ad occhi aperti

Da Malpensa ci vogliono 4 ore di volo o poco più, eppure sembra di essere giunti ai confini del mondo!

Il nostro desiderio era di venire in Islanda nella stagione migliore per osservare l’aurora boreale ma, visto che il periodo più adatto sembra andare da ottobre a marzo e le temperature invernali a questa latitudine ci sono parse “leggermente inquietanti”, abbiamo rimandato il viaggio alla fine di giugno, e comunque non è che ci sia quel caldo afoso…

In ogni caso il receptionist dell’albergo a Reykjavik, un giovane dalla faccia simpatica, ha voluto mostrarci le sue foto dell’aurora boreale sicuramente per gentilezza, ma l’effetto provocato è stato quello di una profonda invidia per aver assistito ad uno spettacolo della natura così incredibile!

Il giorno successivo al nostro arrivo lo dedichiamo alla visita della capitale.

Il giro inizia dalla Laugavegur, una delle più antiche strade della città, che oggi si presenta come una via colorata piena di pub, negozi di souvenir e botteghe più tradizionali.

Dopo aver gironzolato senza una meta precisa, giusto per assaporare l’atmosfera del posto, decidiamo di visitare la cattedrale Hallgrímskirkja, imponente con la sua torre di 74 metri di altezza! L’interno è sicuramente meno particolare, ma abbiamo la fortuna incredibile di entrare durante le prove dell’organista, che sembra lì apposta per farci immergere nella magnificenza dell’enorme organo di 5.275 canne, risalente al 1922. Che gioia per lo spirito!

Reykjavik
La cattedrale Hallgrímskirkja
Sun Voyager

Proseguiamo la nostra passeggiata verso il Vecchio Porto, e camminiamo sul lungomare fino al Sun Voyager, una scultura in acciaio che ricorda lo scafo di una nave vichinga.

La passeggiata all’aria aperta comincia a procurarci un certo languorino e quale posto migliore del porto per assaporare una gustosa zuppa di pesce?

Rifocillati dal delizioso pranzetto, pieghiamo verso l’albergo: il receptionist della sera precedente ci ha prenotato una 4 x4 per le escursioni dei prossimi giorni, ma vogliamo approfittarne già da questo pomeriggio per fare un salto alla Blue Lagoon, con la sua caldissima acqua termale.

Sicuramente, durante i nostri viaggi, abbiamo un radar incorporato per scovare negozi di dischi e di strumenti musicali e infatti eccolò lì, avvistato anche stavolta.

Tentando di sfoggiare il nostro migliore inglese (in effetti qui lo parlano molto bene) entriamo e chiediamo al commesso di consigliarci un album di un artista o un gruppo islandese, come colonna sonora e ricordo di questa nostra avventura.

Molto contento per la richiesta, Ísarr, questo il suo nome, ci mostra alcuni cd, tutti dello stesso gruppo, di cui presto lo scopriamo essere un grande fan: i Sigur Rós.

Con grande entusiasmo si affretta a raccontarci che si tratta di un gruppo islandese post-rock, formatosi nel 1994, che ha preso il suo nome da quello della sorellina del cantante nonché chitarrista della band, nata pochi giorni prima della costituzione del trio. Ci dice che si tratta di una formazione super sperimentale che spazia da brani più rock ad altri decisamente sognanti e ci mostra anche alcuni loro video, decisamente belli, devo dire. Ad un certo punto, nella conversazione, spunta la parola “soundbaths”… ho capito bene? Vedo Lorenzo, il musicista del gruppo, annuire (ovviamente lui li conosceva già, ma l’entusiasmo di Ísarr era tale che gli dispiaceva interromperlo nella sua presentazione): si tratta di concerti di “purificazione” in cui le persone che vanno ad assistere, si portano dietro dei tappetini, si distendono e si lasciano andare ad un’esperianza catartica, abbandonandosi alla musica sognante e dilatata della band.

Lorenzo aggiunge che una loro caratteristica è il cosiddetto “hopelandic”, un linguaggio totalmente inventato, privo di significato, in modo che la voce non risulti altro che un ulteriore strumento musicale. Altra cosa particolarissima è che il chitarrista utilizza un archetto di violoncello per suonare la chitarra.

Quanto basta a convincerci; la scelta cade sul loro quinto album “ Med Sud í Eyrum Vid Spilum Endalaust”.

A partire dal secondo giorno, inizia il nostro viaggio alla scoperta di questo bellissima terra dominata dai contrasti: ammiriamo le bellezze naturali dell’Anello d’oro nelle vicinanze della capitale, con le cascate a due salti di Gullfoss, il parco geotermale, dove fotografiamo lo Strokkur geyser, il parco naturale Thingvellir… Proseguiamo poi verso la penisola di Snæfellsnes, con il Monte Kirkjufell e la sua bellissima cascata.

Strokkur geyser
Gullfoss
Monte Kirkjufell

Giorno dopo giorno, immagini di spiagge vulcaniche, scogliere frastagliate, ghiacciai, cascate, chiesette, fari e colline verdeggianti si susseguono sotto i nostri occhi: a fare da sottofondo l’album dei Sigur Rós, un brano fra tutti, Gòdan Daginn (traducibile in italiano con Buona Giornata).

Un avvolgente arpeggio di chitarra ad aprire il pezzo, la tastiera a fare da tappeto e una voce dolce, sostenuta dai cori, che sempra raccontarci una favola antica. La musica che risuona nel nostro lettore cd così

come il testo che l’accompagna, ad evocare una sensazione di pace e tranquillità, si aprono al respiro di questi spazi immensi, quasi surreali in cui lo sguardo si perde.

Non so se esista un “mal d’Islanda”, ma credo che la sensazione di bellezza e nostalgia che ci siamo portati dietro risalendo sull’aereo, ci accompagnerà per molto tempo.