Il Progressive Rock italiano – Gli Area

Non è stato facile scegliere “la pagina” con cui aprire questo viaggio, ma allo stesso tempo neanche così difficile, riflettendo da subito sul fatto che questo spazio non potesse di certo avere la pretesa di essere un contenitore esaustivo o enciclopedico della materia (in quanto, semplicemente, non lo è, né tale si considera il suo autore). Nessuno scrigno segreto o magico dunque, piuttosto…una sorta di viaggio nel juke-box dei ricordi da arricchire, se possibile, con quel qualcosa di personale in più. Per questo ho pensato di portare tra queste righe un pezzo di storia della musica italiana a cui sono particolarmente affezionato: il progressive rock. Oltre alla questione affettiva, sentivo anche il bisogno di dare risalto a quello che, secondo me, è stato un genere, un filone musicale che non ha avuto la risonanza che avrebbe meritato.

Sembra ormai opinione abbastanza diffusa che ciò sia stato dovuto in parte alla complessità della struttura dei brani, delle progressioni armoniche o dei pattern ritmici, alla sperimentazione delle sonorità e alla concezione musicale, spesso votata all’improvvisazione, tutti aspetti che sembravano sfuggire in qualche modo alle realtà del mercato dei tempi. Tuttavia ritengo che per capire meglio la nascita del progressive rock sia necessario considerare alcuni aspetti sociali e culturali di assoluta rilevanza per il periodo, che girano intorno ad un aggregatore comune che è stata la rivoluzione culturale giovanile esplosa alla fine degli anni ’60, che rifiutava tutto quello che era commerciale o proposto dall’onda consumistica di stampo capitalista. Non a caso, il progressive in Italia nasce e si afferma, parallelamente all’esplosione delle prime ondate del rock, dalle ceneri del beat nostrano, scolorito eco di quello britannico. E, seppure questa influenza d’oltremanica la si possa certamente ritrovare anche nei primi anni del rock progressive italiano, quest’ultimo ha saputo certamente ben presto distinguersi per la grande varietà di sonorità e soluzioni melodiche, armoniche e ritmiche che hanno attinto spesso anche dalle radici della nostra musica popolare. Fu questo probabilmente uno dei motivi per cui alcune tra le formazioni più blasonate del progressive rock nostrano hanno conosciuto grande notorietà e successo anche all’estero.

Quella del rock progressivo in Italia fu fucina di creatività, un periodo denso di realtà musicali eterogenee e di gruppi che si proposero sulla scena lungo un po’ tutto l’arco degli anni ’70. Ci vorrebbero pagine intere per descriverli tutti: Premiata Forneria Marconi (PFM), Area, Banco del Mutuo Soccorso, Il Balletto di Bronzo, Le Orme, Osanna, Napoli Centrale, Perigeo, Il Rovescio Della Medaglia (solo per citarne alcuni), sono forse tra le band più conosciute.

Il disco che ho scelto come apripista di questo viaggio è Are(A)zione, un live degli Area del 1975, che contiene registrazioni di varie sessioni dal vivo riprese durante i concerti tenuti alla “Festa del Proletariato Giovanile” al Parco Lambro di Milano, alla “Festa dell’Unità” di Napoli, alla “Festa della Gioventù” di Rimini e al Teatro Comunale di Reggio Emilia. Ho scelto di raccontare un po’ questo disco in quanto per me rappresentativo di una serie di aspetti degni di nota. In primis, il fatto che si tratti di una sorta di piccolo miracolo per quanto riguarda la qualità della registrazione, a differenza di ciò che solitamente accadeva in quegli anni (si consideri ad esempio, in tal senso, il successivo live degli Area “Parigi-Lisbona” del 1976, il cui ascolto viene decisamente penalizzato da una non certo eccelsa qualità di registrazione); ciò era dovuto sia al tipo di strumentazione usata per la registrazione, sia ai limitati budget che erano capaci di muovere i concerti di questo genere musicale, considerato ancora di nicchia all’epoca. Are(A)zione invece spiazza per la qualità della ripresa audio, seppure sembra sia stata fatta in presa diretta con un semplice Revox a due piste, il che ci fa apprezzare direttamente e in maniera autentica le capacità tecniche dei membri del gruppo, nonché il loro straordinario amalgama sonoro e strutturale. Non a caso, il nome del gruppo: Area – International POPular Group è un chiaro manifesto che vuole trascendere la dimensione dei singoli musicisti, e che forse ci trasmette la vera essenza della definizione di musica popolare (intesa come pop, appunto), che oggi è diventata per lo più sinonimo di un calderone generalizzato di strategie discografiche e di marketing. Tutto questo a dimostrazione di quanto la straordinaria bravura strumentale nonché la tecnica musicale e l’espressività dei componenti degli Area si fondessero perfettamente al servizio della band, che in questo live percepiamo con tutta la solidità del suo instancabile motore ritmico (Capiozzo-Tavolazzi), le tessiture armoniche e melodiche ricche, avvolgenti e all’avanguardia nella sperimentazione di sonorità elettroniche e sintetiche delle tastiere di Fariselli e delle chitarre di Tofani, e nella potenza comunicativa della voce di Stratos. Ascoltare un disco live del calibro di Are(A)zione ci fa capire chiaramente quanto tutte le sopracitate capacità musicali dei vari musicisti non fossero un “miracolo” artefatto in studio di registrazione, ma un qualcosa di genuino e perfettamente replicabile dal vivo ad ogni concerto, in cui vige la spietata regola del “buona la prima”. In questo caso, più che buona ci pare veramente ottima, considerando il fatto che in fase di mixaggio e mastering non è stata aggiunta alcuna sovraincisione.

Per un attimo penso ai vari mostri sacri d’oltremanica che in quegli anni calcavano i palchi internazionali del rock progressive: dai King Crimson ai Jethro Tull, passando ovviamente per gli Emerson, Lake & Palmer, i Genesis, i Gentle Giants, per arrivare fino all’epopea del jazz-rock statunitense che si sarebbe affermata qualche anno più tardi con band del calibro degli Weather Report. Bene, l’attimo successivo penso che gli Area non avessero (e non abbiano) niente da invidiare a nessuno dei gruppi sopracitati. E a mio parere lo dimostrano nel migliore dei modi con questo disco.

Nel prossimo post  dedicato al progressive rock italiano, ci immergeremo un po’ più a fondo nei vari brani che formano la playlist di questo meraviglioso disco!